Sono Chiara

Ciao a tutti,

mi chiamo Chiara Gemma e sono un’europarlamentare eletta nella circoscrizione Sud.

Sono pugliese e amo profondamente la mia terra in cui sono cresciuta, ho studiato e trovato il lavoro che più mi appassiona: l’insegnamento. Sono una docente universitaria e mi occupo di pedagogia, formazione e disabilità presso l’Università Aldo Moro di Bari.

Attualmente sono membro della Commissione per l’Occupazione e gli Affari sociali del Parlamento europeo e sostituta nella Commissione Cultura e Istruzione e nella Commissione Speciale sulla Lotta contro il Cancro.

Faccio inoltre parte dell’Intergruppo parlamentare sulla Disabilità e sono membro del Forum europeo della disabilità.

 

Tra le mie battaglie occupano un posto speciale l’inclusione sociale, il riscatto per il mio Sud e sicuramente quello che ho voluto definire “il diritto a restare” per i giovani.

È anche per questo diritto che io lavoro in Europa.

La fuga dei cervelli è una vera e propria emergenza sociale, serve un impegno comune per riportare i nostri giovani in Italia. È triste formarli con amore e dedizione e vederli poi partire per altre zone del paese, dell’Europa e del mondo. A loro va data una risposta, l’estero deve essere un’opportunità, non una scelta obbligata.

SONO ANCHE CONVINTA CHE

l’Europa possa fare molto per il Sud Italia, troppo spesso considerato periferia dell’Unione. Ci sono risorse per miliardi di euro che possono essere investite nella nostra terra ma finora non è stato così, tra scandali e inefficienze.

Il mio impegno a Bruxelles è far ascoltare i problemi dei territori nei palazzi delle Istituzioni europee.

Gli accordi commerciali internazionali devono sostenere l’export delle nostre imprese e non distruggere le produzioni locali. L’economia del Meridione è legata alle produzioni tipiche e al turismo, per questo motivo in Europa lavoro per tutelare le eccellenze agroalimentari locali e salvaguardare l’ecosistema del territorio con dei progetti di tutela, non per importare arance dal Sudafrica o olio dalla Tunisia.

Vorrei veder realizzato il sogno di una società sempre più aperta e più inclusiva, che sappia coinvolgere tutti senza pregiudizi.

 

Bisogna investire molto in educazione e formazione per la diffusione di una reale “cultura inclusiva”, sulla quale si è detto tanto ma poco ancora si è realizzato. Ma soprattutto bisogna insistere su un punto che ritengo essenziale, ovvero sul garantire alle persone con disabilità il pieno riconoscimento di un diritto che io chiamo il diritto alla “differenza”.

L’incontro con la disabilità può avvenire solo nella misura in cui riusciamo a decostruirci culturalmente rispetto non alla diversità di cui l’altro è espressione, ma semplicemente rispetto alla differenza di cui ognuno di noi è attestazione.